Nel mondo dell’agonismo internazionale quello di Bob Nudd è un nome storico, anzi leggendario. Ma avere il piacere di fare una pescata con lui… non ha prezzo, nel vero senso della parola!
Allora andiamo a conoscerlo meglio, per poter carpire qualche suo segreto, cercando di cogliere al meglio ogni suo consiglio.


di Bernardini Fernando dal numero 12/09 e 01/10 di Pesca In


L’inghilterra ad un agonista di pesca al colpo, suscita sempre un fascino particolare, forse per la grande quantità di acque dove poter esercitare o per la profonda cultura verso questa passione che hanno gli inglesi, oppure perchè proprio da questo paese vengono i principali campioni di pesca che hanno fatto storia dell’agonismo internazionale. Parlando con il mio amico Andrea Rossi, ex agonista della “Cannisti GFsport Fabro Fly” (squadra di eccellenza degli anni 80), ora residente a Londra, mi convinco ad andarlo a trovare, unendo così una piacevole vacanza, ad un incontro di quelli veramente speciali. Infatti Andrea da tempo aveva prenotato un’uscita di pesca, a pagamento, con il grande campione Bob Nudd, vero e proprio mito per chi segue il mondo delle gare internazionali. Forse in Italia non è così usuale pagare per andare a pesca con qualcuno, almeno nella pesca al colpo, ma qui è vista come una cosa abbastanza normale, infatti una giornata di pesca con Bob Nudd, è un regalo molto gradito che una moglie può fare al proprio marito o per celebrare un pensionamento o magari per festeggiare un semplice compleanno. Partiamo da Londra la mattina presto, contenti del tempo che tende a schiarirsi, destinazione Welney. Ci accompagna in questa giornata, oltre a mia moglie, un caro amico di Andrea, Stefano (detto Carburo), che si occuperà della cucina sul camper. Durante il tragitto mi accorgo che la maggior parte delle acque sono contenute, ovvero costrette in canali o invasi, per poterle gestire al meglio e viste le numerose precipitazioni annuali mi sembra proprio opportuno, creando così perfetti campi gara, uniformi, comodi e spaziosi. Bob ci dà appuntamento in una fishery, la “Pisces Country Park”, ovvero un complesso di laghetti privati, bellissime strutture per la pesca, dove è possibile soggiornare anche per lunghi periodi, nulla a che vedere con i nostri “carpodromi”, che al confronto sono squallide vasche di cemento quadrate. Le fisheries sono molto diffuse in Inghilterra, una vera e propria isola felice per i pescatori che, per tutta la settimana, possono partecipare a gare con premi in denaro oppure soltanto soggiornare con tutta la famiglia, in deliziosi “lodge” vicini ai laghi, strutture molto accoglienti e graziose, costruite interamente in legno e complete di ogni comodità, come box in cui riporre tutta l’attrezzatura. All’arrivo di Bob noto subito il nome riportato sulla targa dell’auto e dopo i saluti di rito e i complimenti d’obbligo, decidiamo di metterci subito in azione. Insieme giriamo per i laghi, ce ne sono quattro con differenti caratteristiche, ma tutti estremamente curati e ricchi di pesci. Dopo una scrupolosa ricerca del posto ideale, optiamo per il più piccolo dei quattro, formato da una miriade di insenature. Le esche sono fornite, in prevalenza pellets, di ogni forma, colore, sapore e consistenza. Dando un’occhiata all’attrezzatura, Bob capisce che oggi per lui sarà una lezione facile, a volte gli capitano persone inesperte che non hanno mai tenuto una roubasienne in mano o scolaresche.
Ci consiglia di optare per una lenza pesante, stavo montando un galleggiante da 0,30 gr. ma dopo il suo suggerimento cambio con un da 1,25 gr, anche se rimango leggermente sbalordito dall’eccessivo peso della grammatura scelta, ma come obbiettare ad un campione del mondo e per giunta in casa sua. Chiedo se pescare sul fondo o a galla e Bob ci consiglia di pescare pesante e appoggiato per terra, visto che la pasturazione che andremo ad eseguire sarà formata da pellets. Gli inglesi non amano pescare a galla, preferisco portarsi il pesce sul fondo, per avere abboccate più decise, obbligando il pesce ad aspirare l’esca.
Tiro fuori la nassa dalla borsa, sto per metterla in acqua, quando Bob mi riprende, facendomi notare che non è consentito immettere nasse, prima della dovuta sterilizzazione negli appositi contenitori. Nelle fisheries ci sono apposite vasche sterilizzanti, dov’ è obbligatorio immergere le nasse prima del loro utilizzo, questo per evitare contaminazioni da possibili germi o funghi, metodo che anche noi, in Italia, dovremmo utilizzare.
Prima di portare a lavare la nassa, Bob ci chiede dov’è l’altra, infatti altra buona norma, è quella di inserire nell’acqua due nasse, una per il pesce bianco, l’altra per le carpe, per non provocare danni ai pesci più delicati, altro suggerimento da esportare. Una volta sistemata la nassa, per stavolta ci fanno passare l’utilizzo di una sola, iniziamo subito a pescare, mentre il maestro ci spiega l’utilizzo delle pellets, la loro bagnatura e l’innesco. Nel frattempo gli chiedo cortesemente se è possibile fargli qualche domanda, durante la pescata e lui con la cortesia che lo contraddistingue si presta molto volentieri.

“Siete gli inventori della pesca con la match rod, ma secondo te è corretto dire che voi l’avete inventata e gli italiani l’hanno migliorata?
(Sorride) Si penso che sia corretto affermare questo. Ultimamente in Inghilterra si usa poco la match rod, ormai nei foderi degli agonisti c’è la roubasienne e il ledgering. L’unica occasione per pescare con i waggler, sono i campionati del mondo o gli europei. Ma in quell’occasione basta copiare gli italiani (sorride di nuovo).”

“Quale titolo tra tutti quelli vinti, ricordi con più piacere?
Sicuramente quello vinto in Ungheria nel 1991. Il secondo mondiale conquistato, dove vinco tutte e due le gare, battendo Kevin Ashurst di soli 100 gr. nella seconda prova. È stata una pesca difficile, tanti pesci piccoli e qualche carpa. Veramente una bella gara.”

“Il mondo della pesca in Italia soffre il poco ricambio generazionale, cosa puoi consigliare ad un giovane che vuole entrare nel mondo delle gare?
Il mio consiglio è quello di cominciare inscrivendosi in una società, quella più vicina a lui, ed andare a pesca con qualcuno più esperto, se non ha il papà pescatore. Poi, reperire più informazioni possibili da riviste, video e internet cercando di andare a pesca il più possibile, che è la scuola migliore.”

Intanto la pescata continua, i Roach (una specie del nostro gardons), non si fanno attendere, con catture veloci e continue. La pasturazione viene effettuata tramite coppetta di grande dimensioni, inserendo micro pellets, bigattini, macro pellets, in quest’ordine preciso, come vivamente “comandato” da Bob, che aveva provveduto a bagnare anticipatamente i pellets, rendendoli leggermente più morbidi, accelerando così il loro potere attirante. Io e Andrea cerchiamo di seguire i consigli del maestro, come se fossimo a scuola, cercando di non deluderlo, ed eseguendo le dovute correzioni di pesca da lui indicate. Ogni tanto anche Bob sale in cattedra, mostrando la sua padronanza nella tecnica, nel manovrare l’attrezzo, nell’innesco e nel recupero del pesce, d’altronde come poteva essere da meno visto lo spessore del campione che abbiamo davanti. Insomma, siamo come due bambini davanti ad un negozio di caramelle!
In un momento di pausa piscatoria, mostro la rivista Pesca In a Bob, e mi dice di conoscerla. Non ci posso credere, mi sembra un sogno, una foto da incorniciare, un mito che sfoglia un mio articolo… Foto da mostrare alla prole.

“In Italia il mondo della pesca non ha un riscontro mediatico/economico come in Inghilterra, basti pensare che una vittoria a livello mondiale della nostra nazionale, non è riportata da nessun organo di stampa, tanto meno televisivo, nazionale, se non dai mezzi di comunicazione del settore pesca, privandolo così di una visibilità che lo aiuterebbe a dargli lustro. Come è possibile dare maggior prestigio alla nostra passione?
Anche noi abbiamo lo stesso problema, non riusciamo a coinvolgere gli sponsor che non fanno parte di questo mondo, abbiamo però una maggiore visibilità rispetto a voi, come trasmissioni radio dedicate, canali satellitari, tantissime riviste, addirittura giornali settimanali aggiornati con le gare svolte e le gare da svolgere, di ogni livello.
Gli unici veri sponsor che abbiamo sono le case produttrici di materiali da pesca, come in Italia del resto e tolta qualche multinazionale, le altre sono aziende di persone che prima andavano a pesca, come i vari Milo e Trabucco. A differenza da voi le competizioni qui hanno spesso un premio in denaro anche cospicuo e questo può essere un incentivo in più. Per portare un esempio pratico, c’è una gara chiamata “Fish ‘O’ Mania”, che raduna i più forti agonisti di tutta l’Inghilterra, dove il premio è di 25.000 sterline.”

“Ho visitato il tuo sito prima di venire qui e ti faccio i complimenti, è veramente ben fatto e aggiornato. C’è un blog, il merchandising, la storia, come contattarti ed addirittura come poter pescare con te. Che rapporto hai con internet?
Mi piace molto, perché è un modo semplice, veloce ed economico per comunicare con tutto il mondo. La gente può seguire quello che fai tu e viceversa. È fantastico. Aggiorno personalmente il mio sito, rispondo a tutti, inserisco le news, le gare o le semplici uscite di pesca e mi faccio aiutare da un webmaster per le cose più complicate. Dopo ogni pescata, cerco di inserire le news il prima possibile, massimo entro un giorno o due. È molto impegnativo tenere aggiornato un sito, comunque mi piace che le notizie siano attuali, e lo farò anche per questa uscita fatta con voi.”

“Hai amici in Italia?
Ho molti amici, ma sicuramente quello a me più caro è Emilio Colombo. Quando vengo nel vostro paese, ha sempre pronta la pastura ed i cannini per andare a pesca di alborelle, è stato lui ad insegnarmi questa tecnica.”

“Ormai da anni porti un cappello bianco, è diventato un tuo simbolo di riconoscimento, si vede in che picchetto sei da lunghe distanze. Ci spieghi la storia?
Vi posso raccontare un aneddoto. Tanti anni fà, a Firenze, durante una gara, faceva caldissimo, ed io non ero abituato. In quel periodo portavo un cappello nero e Colombo, mi sgridò dicendo che con quel cappello soffrivo ancora di più il caldo perchè attirava i raggi solari. Da quel giorno porto un cappello bianco!”

“Perchè nel mercato inglese, ci sono canne con lunghezza di 16 mt. ed oltre, quando il regolamento internazionale ormai ha stabilito da qualche anno la lunghezza massima a 13 mt., non pensi possa portare uno svantaggio?
Perché gli inglesi si devono sempre contraddistinguere, non abbiamo l’euro, guidiamo dalla parte opposta…ed abbiamo le canne a 16 mt. Non credo questo sia uno svantaggio nelle competizioni internazionali, anzi, credo che l’agonista abituato a pescare ad una misura così lunga, possa solo trarne giovamento a tornare alla misura di 13 mt. In Inghilterra non ci sono regolamenti che regolano la misura minima della canna, quindi si tende a cercare il pesce sempre più lontano.”

Le domande vengono interrotte da Bob, perché nota delle bollicine in prossimità di un albero sommerso, così subito ci dice di creare due linee di pesca, una davanti a noi e un’altra sulla nostra sinistra a ridosso dell’albero. Quando gli chiedo se siano carpe, mi fà notare che le bolle sono di piccole dimensioni, quindi molto probabilmente create da grosse breme intente a grufolare il fondo. Una volta scodellate le nostre pellets nel punto indicato da Bob, subito Andrea cala la lenza, non prima che il campione abbia apportato delle modifiche, come l’innesco di pellets della Van Den Eynde, le “Jellets” all’halibut di colore verde molto eleose, morbide ma resistenti all’innesco. Il cambiamento dà subito i suoi risultati ed una bella breme di taglia notevole viene al guadino dopo un salto fuori dall’acqua, come un cefalo o una trota, comportamento davvero inusuale per questo tipo di pesce, che lascia stupito anche Bob. Dopo la slamatura il pesce viene riposto nella nassa con molta cura, accompagnandolo fino all’acqua, senza lanciarlo.
Qui concludiamo questa prima parte sperando di avervi trasmesso l’emozione che ho provato nel conoscere il mio mito personale di sempre.

Adesso cerchiamo di capire il modo in cui viene gestita la pesca in Inghilterra, e le differenze con il nostro Paese.

Dopo un’intera mattinata dedicata alla pesca, ci concediamo una meritata pausa, recandoci al camper, dove l’amico “Carburo” era quasi pronto con una fantastica carbonara. Invitiamo anche Bob a partecipare al pranzo nel camper ed accetta volentieri. Sistemare un “omone” del genere in uno spazio così ridotto, non è stato facile, ma si è adattato bene alle strette misure del mezzo. Chi l’avrebbe mai detto, dopo aver letto le sue imprese e visto i suoi video, ora mi ritrovo a tavola a dividere una carbonara con il mito in persona. Mentre siamo a tavola colgo l’occasione per continuare con l’intervista, facendomi aiutare da Andrea che svolge l’importante compito di traduzione:

“In Inghilterra è possibile fare la licenza di pesca attraverso internet e, addirittura, pagare la tassa per una sola giornata di pesca, senza dover pagare il documento per tutto l’intero anno. Mi sembra un’idea geniale, ma pensi che questo possa aiutare ad incentivare le persone ad avvicinarsi alla pesca?
Non credo che questo espediente possa invogliare le persone a farsi la licenza o andare a pesca, in Inghilterra comunque, oltre che su internet, si può fare anche negli uffici postali. Qui i controlli sono molto frequenti e severi e per incentivare le persone a non trasgredire è stata semplificata la burocrazia nel fare i documenti per la licenza. Penso che la divulgazione della pesca sia da ricercare nella cultura per questa passione.”

“Le fisheries nel vostro paese, sono una realtà in forte crescita. Sono aziende private dedicate alla pesca, dov’è possibile abbinare una sana vacanza, al nostro passatempo preferito. Ci puoi spiegare meglio come sono nate e le regole principali per poter gestire al meglio queste strutture?
La prima fishery è nata circa venti anni fà, ma era un fenomeno contenuto. Negli ultimi dieci anni, invece, ne sono sorte tantissime e continuano a moltiplicarsi. La loro espansione nasce dalla volontà di convertire la terra, che ormai non dà più i guadagni di una volta, ma offre solo un lavoro molto duro, in spazi per la pesca, dove con poco sforzo si può ottenere sicuramente una qualità di vita migliore. E così i vecchi bacini per l’irrigazione dei campi sono stati adattati a laghi, gli orti in prati e giardini ed infine inseriti i lodge ed il gioco è fatto. Siccome l’Inghilterra è un piccolo paese con tanta gente, non c’è abbastanza acqua per far pescare tutti. Poi il bel posto, un accesso facile e comodo alle sponde, la quantità di pesce e soprattutto la qualità dello stesso, spiegano il successo di questi posti.”

Dopo un sereno disquisire, torniamo in postazione e prendo in mano l’attrezzo. Rifaccio il fondo, sempre usando la coppetta ripiena di pellets e maggots (bigattini) come indicato da Bob e decido di riprendere a pescare vicino all’albero, dopo un paio di lisci che mi fanno innervosire, aggancio un bel pesce, che dopo qualche secondo di lotta, si slama. Poi qualche breme e roach, anche di buone dimensioni, prima di ridare il posto all’amico Andrea, cercando di carpire qualche segreto al maestro. Osservo la sua accuratezza nell’innesco, cambia sempre il bigattino dopo ogni mangiata e non lascia mai l’esca statica. Nel frattempo penso a quanti inneschi avrà fatto, quanta pastura avrà impastato, quanto bigattino avrà incollato nella sua lunga carriera, che lo ha portato ai vertici mondiali. Mentre parliamo, Andrea ha l’elastico arancione completamente fuori dalla canna. Questa volta è una bella tinca, tanto bella da far uscire un bel “nice fish”, a Bob. Si vede che è innamorato dei pesci, lo si nota da come li slama, li tocca o li inserisce in nassa. Un’altra cosa importante, prima di metterli in nassa, li ammira, non come facciamo spesso noi (compreso il sottoscritto), che neanche guardiamo cosa peschiamo, spinti dall’abitudine di far in fretta.

“Bob, tu proponi a pagamento una giornata di pesca con te. In Italia una figura professionale del genere non esiste, almeno nella pesca al colpo. I genitori sborsano somme ingenti per lezioni di calcio, tennis o altre discipline, ma mai pagherebbero un professionista per lezioni di pesca. Questo sempre perchè la pesca è vista in maniera diversa rispetto a voi, ma pensi che fuori dall’Inghilterra un discorso del genere possa funzionare?
A chi mi fà questa domanda rispondo sempre: paghereste per una giornata insieme a David Beckham? Tutti dicono di si. Allora gli faccio notare che lui non ha mai vinto niente a livello mondiale, mentre quello che propongo io è una giornata insieme ad un “quattro volte campione del mondo” (tono ironico). La gente che accetta di passare una giornata con me, ne è ben felice, in fondo nessuno li costringe a farlo. Spesso mi capita di essere il premio di una vita di lavoro o di un compleanno. Questo mi rende felice. Tanti invece vengono per imparare qualcosa, mi fanno tante domande, vogliono scoprire tecniche nuove. Non sò se questa cosa è una caratteristica inglese, penso dipenda più dalle persone.”

“Tra la roubasienne, la match rod ed il ledgering, quale tecnica di pesca preferisci?
Sicuramente la roubasienne lunga. Alla fine degli anni 70 è arrivata in Inghilterra ed io sono stato uno dei primi ad usarla e questo naturalmente mi ha portato un notevole vantaggio rispetto a gli altri agonisti, che usavano soltanto le match rod. Qui nel mio paese la roubasienne, ha trovato la sua espansione negli anni 80, ricordo soprattutto l’enorme peso che aveva, niente a che vedere con quelle di oggi.”

La pesca si fà sempre più difficile, i pesci sono diventati sospettosi, ormai abboccano alle nostre esche soltanto pesci di piccola taglia. Bob, al mio fianco, mi trasmette un pochino di soggezione, controlla l’azione di pesca, l’inneschi, gli inviti, mi sembra di essere agli esami, con la differenza che a giudicarmi ho un mito e non un professore. Bob decide che è ora di cambiare, bisogna affinare la lenza, cambiamo il finale e l’amo, pescando però più pesanti, per cercare di arrivare a terra con l’esca integra. Dei piccoli inviti, due leggeri sollevamenti ed ecco che appena ricade l’esca in terra, la partenza del galleggiante è fulminea. La ferrata o come ha detto il maestro “strike”, fà uscire l’elastico dello 0,9mm all’istante. Sembra che questa volta abbiamo in canna una grossa carpa, che non ha voglia di venire nel guadino. Un paio di fughe mettono a dura prova il finale dello 0,91mm ma con un pò di pazienza anche questo bel pesce viene portato a casa. È una splendida “mirror carp”, come esclama Bob ovvero una carpa a specchi di circa 3 kg, che dopo la classica foto di rito, viene immessa nella nassa molto delicatamente.

“In Italia la pesca a ledgering non è permessa in competizioni di pesca al colpo, mentre qui da voi si, pensi che questo sia positivo per l’intero mondo delle gare, o che possa creare problemi tra le persone che praticano le due tecniche?
Secondo me l’inserimento del ledgering nella pesca al colpo può far solo che del bene, e ampliare il numero di partecipanti alle gare. La canna che uno utilizza conta poco, il ledgering è molto redditizio ed è meno facile di quanto si pensi utilizzare questa tecnica al meglio. È un pò come con la match rod, bisogna essere molto precisi nei lanci e pescare correttamente. Inoltre il ledgering è molto efficace l’inverno, quando il pesce tende a rimanere più statico e penso che tutto questo possa solo far ampliare il tasso tecnico di un pescatore. Proprio la scorsa settimana ho vinto, in Francia, il mio settore e fatto l’assoluto peso di tutta la competizione, partecipando ad una gara cui ero stato invitato, proprio con questa tecnica. Il ledgering era permesso, ma molti agonisti non sapevano utilizzarlo o addirittura non l’avevano proprio e continuavano a pescare con la match rod, con scarsi risultati. Bisognava pescare lontano e a volte le loro pasturazioni non erano precise. Con il ledgering questa operazione era semplificata ed in più io amo pescare a lunga distanza i Roach, perchè le abboccate sono più difficili da leggere essendo molto delicate.”

“Senza fare torti a nessuno, qual’è l’agonista più forte che avete in Inghilterra, secondo il tuo giudizio?
Penso, che uno dei migliori di sempre, sia Will Raison, molto preparato in tutte le tecniche di pesca. Gareggia fin da bambino, grazie al fatto che la sua famiglia gestisce un negozio ed una fishery. Un’altro grande campione è Alan Schottorne, molto esperto nella pesca con i lombrichi e ver de vase.
Non posso non menzionare però, Steve Gardener e Kevin Ashurst, che hanno partecipato a tantissimi mondiali. Comunque penso che il migliore al momento sia Raison.”

“Vuoi ricordare qualcuno fra gli agonisti italiani?
Certo, volentieri, ho fatto gare in Italia per 20 anni. Penso che Roberto Trabucco sia il più forte nella pesca aggressiva, dove c’è da pescare tanto pesce. Invece Emilio Colombo è più bravo nella pesca difficile e alla pesca del piccolo pesce. Comunque ce ne sarebbero tanti da ricordare.”

Durante tutto il tempo della pescata, molta gente si è avvicinata per un breve saluto al campione, sempre pronto a dispensare consigli a chi ne avesse bisogno. Dopo ulteriori modifiche fatte alla nostra attrezzatura, come scendere di spessore di finale e di amo ed una registrata alla tensione dell’elastico ammortizzatore, le cose sembrano andare meglio, i pesci che riusciamo a portare in nassa hanno ripreso ad essere di taglia buona. Naturalmente anche il ritmo di pasturazione viene accelerato, con copiose svuotate di coppetta colma di pellets. Le catture più frequenti sono i roach e le breme, con esemplari di media intorno ai 300 gr, ma non mancano le sorprese, come tinche e breme di grandi dimensioni.

“Con quale criterio viene selezionata la nazionale inglese di pesca?
A differenza di voi, che fate delle selezioni tramite il club azzurro, per noi sceglie direttamente il team manager, in base al rendimento annuale. È lui che ha la responsabilità di selezionare gli agonisti, un pò come accade nel calcio.”

“Quale nazione teme l’Inghilterra a livello di campionati del mondo?
Sicuramente la prima da temere è l’Italia, ha così tanti bravi agonisti. Poi di seguito la Francia, anche se negli ultimi anni non ha brillato molto. Gli olandesi, hanno un ottimo manager, che è riuscito a portare il suo team ad un buon livello. Infine direi gli ungheresi come outsider.”

Ormai non resta che scattare le ultime foto di rito con il pescato, e rimettere tutta la fauna ittica al suo posto, operazione di cui si occupa direttamente Bob. Si cerca di fare il punto della giornata, cosa si poteva migliorare o quale mossa avrebbe portato risultati migliori. Forse una maggiore continuità nel pasturare, avrebbe portato a risultati migliori, ma come poter essere concentrati sull’azione di pesca, quando stai parlando con Bob Nudd! Concordiamo tutti sulla bellissima giornata di pesca passata insieme, dove un grande campione ci ha guidato, con la sua esperienza, nel mondo della pesca al colpo in Inghilterra, vero e proprio esempio di un “sistema pesca” che funziona, mettendo a disposizione della gente il divertimento ed una cultura per la pesca che ha radici molto profonde. Si riordina l’attrezzatura, si scambiano le ultime battute, gli indirizzi email e i numeri di telefono, ma purtroppo dobbiamo salutarci, con un invito a sentirci quando sarebbe tornato in Italia.
Siamo giunti al termine di questa giornata, molto intensa, alla scoperta di un grande campione, ed una simpatica persona. Devo però esternare una piccola considerazione personale sulla questione di dover pagare per pescare con lui. All’inizio ero molto scettico sulla cosa, non credevo fosse una mossa vincente da parte sua, ma alla fine devo ricredermi, forse contagiato dalla euforia degli inglesi verso Bob, in effetti non obbliga nessuno a partecipare, chi sceglie di farlo ne è ben felice e consapevole di farlo, e allora che male c’è nel poter scegliere? Infine, giudicando dai suoi innumerevoli appuntamenti di pesca, le persone ne sono ben felici. Non capita tutti i giorni conoscere un mito, ma oggi grazie al mio amico Andrea l’ho potuto fare, gliene sarò eternamente grato.

di Bernardini Fernando